mercoledì 1 ottobre 2008

RECENSIONE di Arduino Rossi a CINQUANTA POESIE

E' una raccolta 50 poesie della poetessa abruzzese Anna Ventura, con la a-fronte pagina, tradotto dal valido poeta francese Paul Courget.
Sono liriche ispirate al mondo agreste o a oggetti semplici, con la loro magia.
Ci sono alberi e frutti, bambini,comignoli, altalene e campi fioriti, di un Abruzzo quasi antico, sicuramente sempre simile a se stesso, con la sua armonia: è un mondo minuto, senza grandi emozioni, ritmato dal sole e dalla Luna, dal trascorrere delle stagioni, lontano dal caos cittadino.
Particolarmente piacevoli sono gli Haiku, versi notoriamente difficili per la forma esile di 3 righe e di 5, di 7 e di 5.
La nostra poetessa conosce la materia ed evita quindi giochi di nomi banali, ma sa dare il meglio di sé con ritmi lievi, immagini veloci, come ricordi che transitano nella mente.
Anna Ventura è una Poetessa riconosciuta sia dalla critica, sia per il suo valore e con questa opera supera il confine del suo Abruzzo, portandola nella Francia dalla lingua musicale, morbida e decisa, grazie al valore di un ottimo poeta francese.

Arduino Rossi

martedì 24 giugno 2008

RECENSIONE di Cristina Contilli a CINQUANTA POESIE

Il libro di Anna Ventura è una dimostrazione interessante di come la poesia possa trasformarsi in un dialogo a distanza tra persone che condividono la stessa poesia per la parola e per le sue implicazioni culturali ed esistenziali.

Questo libro, come spiega l’autrice nella prefazione, è nato, infatti, dal suo scambio di testi con il poeta francese Paul Courget che l’autrice non ha mai conosciuto di persona, ma con cui intrattiene da tempo una relazione epistolare.

Scrive, infatti, la Ventura nella prefazione: “Non avrei mai pensato che da questo scambio epistolare potesse scaturire un libro; mi accorgo oggi, che il libro c’è, e che deve nascere, come tutte le creature mature per farlo. Per me questo libro è importante: è il segno che la mia poesia è andata “oltre”: oltre la culla abruzzese, in cui è nata; oltre tutte le altre regioni italiane, in cui si è diffusa, oltre le occasioni che l’hanno portata anche in molti paesi europei e americani, per approdare, finalmente, in Francia, la meta più ambita: perché è lì, la patria della bellezza segreta, dell’amore al dettaglio minimo, che solo l’occhio esercitato può cogliere: la terra dei campi di lavanda e delle vetrate policrome; della carta da parati e dei poeti cortesi; la terra, dove non a caso, Leonardo ha lasciato le sue spoglie e la Gioconda.”

Le poesie della Ventura descrivono emozioni e luoghi sia vicini sia lontani (come Creta o la Spagna), raccontati con tocco musicale e leggero.

Cristina Contilli

http://www.literary.it/dati/literary/contilli/cinquanta_poesie.html

domenica 8 giugno 2008

RECENSIONE di Gian Paolo Grattarola a IL NANO DI VELAZQUEZ

Avverte Anna Ventura nella presentazione che il titolo di questo libro è dovuto a un personaggio che non è un buffone, bensì un dignitario della corte di Filippo II. La sua figura deformata, risulta tuttavia funzionale all’intenzione dell’autore di avventurarsi nelle regioni più scabrose dell’esistenza umana conservando un filo di sottile ironia.
La silloge si compone di 38 componimenti senza titoli, che pur nel mutare degli stili e delle forme obbedisce ad una tensione unitaria che ne governa intimamente l’intera struttura. Dal principio alla fine la pulsione dell’eros batte incessante e profondo nel sangue degli uomini e delle donne, avvinghiati in una comune morsa che è più forte di qualsiasi senso di colpa. Formiamo una specie di senato, di probiviri/ versati nell’etica dell’amore, nell’estetica/ ci addolora la misura preventiva, l’antica/ mutilazione delle appendici contro l’usanza/ medicinale del sesso, i peccatori versano/ enormi guaiti dolorosi, le donne sono/ intrepide (pag. 55).
Vi è un’attenzione drammatica rivolta alla corporeità femminile oltre e attraverso le forme, fin dentro il suo dinamismo psichico. Ma se Baudelaire ci aveva insegnato a coglierne l’erotismo e la sensualità nascosta, Rossano Onano ne evidenzia al contrario una drammatica carica di sensuosità compulsiva, ne teme la pericolosa seduzione della mantide (pag. 32). Le immagini femminili che incontriamo nei suoi versi risultano cariche di intensità e di pulsante fisicità , Donna d’agguato e di seduzione terrestre (pag. 33).
A tratti si ha l’impressione che egli possa rimanerne incantato dall’indomabile richiamo Non era possibile,/ uomini ancora un poco/ eludere le poppe dolorose (pag. 22), altrove avvertiamo invece la consapevolezza di una concupiscenza carica d’infausti presagi: Ti spalanchi sola nella notte/ contrariamente ai fiori/ spandi attorno profumi dolorosi (pag. 40). Come il Nano della celebre opera di Velazquez egli abita uno spazio di paura e di compulsione, e dinanzi alle nutrite schiere di giovani baccanti che si godono la preda, ognuna secondo il proprio gusto, Si aggira con attenzione compulsa dentro le rame del parco (pag. 14).
Mediante un espressionismo incisivo, frutto di una voce lucida e ad un tempo fortemente visionaria, Onano riesce a rendere palpabile un senso nudo e primordiale della donna, che da imperiosa e maliarda incantatrice ripiega duttilmente nella sua missione ancestrale di custode della vita. Con frequenza si affacciano gli studi e l’esperienza di medico psichiatrico nell’adombrare aspetti e manifestazioni comportamentali di aspetto grottesco e surreale, ma la sua poesia non scivola mai nell’affaire psycanalitique.
Rossano Onano è dotato infatti di un’eccellente narratività e di una lodevole capacità nel tratteggiare le scene, che gli consentono di realizzare un testo che alterna un uso sapiente di poesia in prosa e poesia in versi. E anche quando affiorano inattese figure di nani, magi e fate l’immaginario poetico non è solo metaforico ma profondamente simbolico. Rivela una naturale inclinazione verso la grande tradizione simbolista francese e lascia intuire una frequentazione con i poeti orfici italiani del secondo Novecento. Tensioni surreali, intellettuali, esistenziali, persino religiose pigiano in questo autore che non ha alcuna paura di rischiare. E ci consegna un testo che, nella multiformità di forme, suscita un profondo interesse per il tentativo d’impostare un discorso capace di slegare dalla realtà, legandoci ad un realismo mitico che è un luogo del tutto diverso e altrettanto concreto della realtà quotidiana.

Gian Paolo Grattarola

http://mangialibri.com/?q=node/2253

RECENSIONE di Gian Paolo Grattarola a IMPULSO DI VERSO

Corre una vena impulsiva nel sistema arterioso di Gianfranco Contini, alimentata da un gurgite caustico che spoglia il mondo dalle sue tinte consolatorie. Alla base della sua ricerca poetica agisce una forma di maturità e di distacco ironico dalle cose cui ogni suo pensiero critico riconduce. Ovunque impazza il sarcasmo disincantato con cui indica situazioni di disordine, di stravolgimento della morale e delle buone regole.
Dalla folgorante immediatezza con cui stigmatizza l’umiliante seduzione degli intrighi politico-economici : mentre altri strisciano nella politica/ come affare personale (Do i numeri pag. 39) e dalla mercificazione del mondo dell’editoria l’editore oggi/ è mercante d’idee/ non s’occupa d’arte/ non legge parole/ scritte dall’anima/ si fida soltanto/ di strateghi di vendite/ pigri editori/ trafficanti di pagine (Editori pag. 26), alla vibrante condanna con cui denuncia gli esiti distruttivi di una mentalità tecnologica : email/ essemmesse/ acronimi stranieri/ veicolano parodie di relazioni/ nel tempo senza storia/ di reti inaffidabili (Pensieri improvvisi pag. 14), l’amore che nasce/ nel mondo virtuale/ dovrebbe chiamarsi/ vanamore reale/ incapace di rendere/ virtuosi gli umani/ felice solo di offrire/ insipidi essemmesse (Vanamore pag. 31), i suoi versi non risparmiano alcun luogo comune.
Sono al contrario frammenti crudi e febbrili con cui sferza vizi e conformismi, con cui percepisce la realtà come un percorso obbligato di vacua omologazione : Il tempo del piacere/ non ha misura/ undici minuti/ possono illudere chi/ dell’inganno/ ha fatto motivo/ di esistere/ e ragione di vita (Undici minuti pag. 12).
Di questa amara riflessione dà conto la vibrante silloge di rime nude e spigolose di questo cantore afflitto da una modernità lacerata e lacerante, disperatamente proiettata verso un futuro con cui egli non sa venire a patti. Perché essa coincide irreversibilmente con una terribile bellezza, con una palingenesi gaudente il cui prezzo è la distruzione della natura e della tradizione, l’amputazione dell’anima : arrivano a creare un nuovo essere/davvero speciale/ né uomo né animale/ che crede di essere super/ mentre è solo/ e banale. (Vivere oggi pag. 37).
Il mondo contemporaneo è salpato ormai verso una nuova condizione, attraverso le acque cupe e tenebrose di un incubo orrendo, che velieri senz’ali/ non sanno governare/ e perdono la rotta/ sapendo sopportare/ l’annullamento fisico/ dell’essere animale. (L’artista pag. 34).
Gianfranco Contini oltre che poeta è anche psichiatra e dunque sa bene che non l’eliminazione dei sintomi, né l’adattamento alle regole del gioco sociale sono lo scopo precipuo di ogni sana terapia, ma piuttosto la chiarificazione del senso o del nonsenso immanente a questa vita. E non coltiva dunque l’ingenua illusione che sia possibile guarire da essa. L’ombra del crudo realismo del nostro tempo ci si proietta inesorabilmente di fronte ed egli allora vi contrappone il tentativo di afferrare la concretezza con la punta sagace delle dita, di trovare il senso ed il referente.
Senso che non è raggiungimento dell’oggetto o visione della meta, ma quel procedere incessante di errante dentro se stesso e nell’onestà di un impulso diverso/ intenso e gentile/ prorompente e fatale/ (Impulso diverso pag. 25) del proprio porsi di fronte al mondo.
Contini sostiene la dimensione non fittizia della poesia : antica e veritiera/come una bandiera/che non riesce a sventolare/ nell’aria rarefatta del mondo trasversale (Do i numeri pag. 38) o Il verso/ incazzato/ difende/ l’ultima libertà/ solo/ il poeta resiste/ alla globale/ banalità. (Poeti pag. 29), allungando, accorciando la scansione dei versi, spezzettandola talvolta con qualche a capo di troppo. Nella convinzione che essa non sia altro che il tentativo di restituire senso oggetti, egli le conferisce nuovo bisogno di vivere.
Un libro fremente e tormentato che, oltre la tensione liberatoria, esibisce un pathos singolare, la sincerità di una percezione dolorosa in cui la tinta cupa del tramonto ed il bagliore della speranza del giorno combattono strenuamente : tutti attendono l’alba/fingendo d’ignorare la sola certezza del tramonto (Pensieri improvvisi pag. 13).

Gian Paolo Grattarola

http://mangialibri.com/?q=node/2472

venerdì 22 febbraio 2008

RECENSIONE su La Cronaca d'Abruzzo di IMPULSO DI VERSO

Poesia fondamentalmente satirica, spesso gnomica, quella di Gianfranco Contini, ora pervasa di lucido pessimismo, che s’incupisce talvolta fino all’amarezza del sarcasmo, ma condita di sapida, ammiccante ironia. Poesia dell’intelligenza che conosce se stessa e si fa metro di giudizio del mondo, delle sue banalità, dei suoi eccessi fuorvianti, della sua proterva immoralità, della sua cieca fede in un progresso problematico, quando non fatuo e inconsistente, in ogni caso deludente.
Molte delle brevi liriche dello psichiatra teatino deridono impietosamente l’acritica fiducia della nostra società in una tecnologia, quella di “internet”, spesso inaffidabile, anzi traditrice delle umani aspettative; smascherano senza possibilità di appello l’esercizio cinico e sfrontato del potere, vuoi quello economico-mercantine della globalizzazione vuoi di quello politico, e non solo nostrano. Un versificare attraverso il quale si tradisce un’esigenza intellettuale di comprensione del mondo e di igienico distacco dalle sue aberrazioni. In questa scrittura, che solo incautamente si definisce estemporanea e contingente, mil lettore attento potrà apprezzare un esercizio del portabile in cui il Contini cala la sua attitudine ad un rigorosa, forse austera eticità, senza rinunciare al riso ol sorriso: “ quis vetat ridendo dicere verum?” aveva detto l’umanissimo Orazio duemila anni fa. E l’ironia continiana traspare fin dal titolo del libro, desunto dalla lirica eponima a pagina 25, dove l’autore aaloquisce l’impulso diverso, mentre in copertina si legge “Impulso di verso”. Errore o gioco studiato e provocatorio di ambiguità polisemica con il lettore? Conoscendo da anni Gianfranco propendo per la seconda interpretazione. Non manca in questo prezioso libretto l’amore incondizionati per il mare e per la sua legge: si meiditino i versi “Dentro il mare”, sortiti dall’esperienza di velista di lungo corso dell’autore. E poi altrettanti fotogrammi di un’esistenza prestata ad amori, forse a passioni, a interessi e passatempi, per arrivare all’amara, lucida consapevolezza di un “vivere/senza aver mai saputo/vivere”.

Gianfranco Contini, “Impulso di verso”, Tabula Fati, Chieti 2007, pp.93 euro 6,00.

http://www.cronacadabruzzo.org/index.php?option=com_content&task=view&id=3266&Itemid=33

lunedì 28 gennaio 2008

Presentazione: IMPULSO DI VERSO (Chieti, 2 febbraio, ore 17,30)

LIBRERIA DE LUCA
Via C. de Lollis n. 12 - CHIETI

Sabato 2 Febbraio, ore 17,30

Presentazione del libro di poesie di Gianfranco Contini
IMPULSO DI VERSO
Edizioni Tabula fati



Presenterà il giornalista e critico letterario Giacomo D'Angelo

http://www.edizionitabulafati.it/impulsodiverso.htm