domenica 8 giugno 2008

RECENSIONE di Gian Paolo Grattarola a IMPULSO DI VERSO

Corre una vena impulsiva nel sistema arterioso di Gianfranco Contini, alimentata da un gurgite caustico che spoglia il mondo dalle sue tinte consolatorie. Alla base della sua ricerca poetica agisce una forma di maturità e di distacco ironico dalle cose cui ogni suo pensiero critico riconduce. Ovunque impazza il sarcasmo disincantato con cui indica situazioni di disordine, di stravolgimento della morale e delle buone regole.
Dalla folgorante immediatezza con cui stigmatizza l’umiliante seduzione degli intrighi politico-economici : mentre altri strisciano nella politica/ come affare personale (Do i numeri pag. 39) e dalla mercificazione del mondo dell’editoria l’editore oggi/ è mercante d’idee/ non s’occupa d’arte/ non legge parole/ scritte dall’anima/ si fida soltanto/ di strateghi di vendite/ pigri editori/ trafficanti di pagine (Editori pag. 26), alla vibrante condanna con cui denuncia gli esiti distruttivi di una mentalità tecnologica : email/ essemmesse/ acronimi stranieri/ veicolano parodie di relazioni/ nel tempo senza storia/ di reti inaffidabili (Pensieri improvvisi pag. 14), l’amore che nasce/ nel mondo virtuale/ dovrebbe chiamarsi/ vanamore reale/ incapace di rendere/ virtuosi gli umani/ felice solo di offrire/ insipidi essemmesse (Vanamore pag. 31), i suoi versi non risparmiano alcun luogo comune.
Sono al contrario frammenti crudi e febbrili con cui sferza vizi e conformismi, con cui percepisce la realtà come un percorso obbligato di vacua omologazione : Il tempo del piacere/ non ha misura/ undici minuti/ possono illudere chi/ dell’inganno/ ha fatto motivo/ di esistere/ e ragione di vita (Undici minuti pag. 12).
Di questa amara riflessione dà conto la vibrante silloge di rime nude e spigolose di questo cantore afflitto da una modernità lacerata e lacerante, disperatamente proiettata verso un futuro con cui egli non sa venire a patti. Perché essa coincide irreversibilmente con una terribile bellezza, con una palingenesi gaudente il cui prezzo è la distruzione della natura e della tradizione, l’amputazione dell’anima : arrivano a creare un nuovo essere/davvero speciale/ né uomo né animale/ che crede di essere super/ mentre è solo/ e banale. (Vivere oggi pag. 37).
Il mondo contemporaneo è salpato ormai verso una nuova condizione, attraverso le acque cupe e tenebrose di un incubo orrendo, che velieri senz’ali/ non sanno governare/ e perdono la rotta/ sapendo sopportare/ l’annullamento fisico/ dell’essere animale. (L’artista pag. 34).
Gianfranco Contini oltre che poeta è anche psichiatra e dunque sa bene che non l’eliminazione dei sintomi, né l’adattamento alle regole del gioco sociale sono lo scopo precipuo di ogni sana terapia, ma piuttosto la chiarificazione del senso o del nonsenso immanente a questa vita. E non coltiva dunque l’ingenua illusione che sia possibile guarire da essa. L’ombra del crudo realismo del nostro tempo ci si proietta inesorabilmente di fronte ed egli allora vi contrappone il tentativo di afferrare la concretezza con la punta sagace delle dita, di trovare il senso ed il referente.
Senso che non è raggiungimento dell’oggetto o visione della meta, ma quel procedere incessante di errante dentro se stesso e nell’onestà di un impulso diverso/ intenso e gentile/ prorompente e fatale/ (Impulso diverso pag. 25) del proprio porsi di fronte al mondo.
Contini sostiene la dimensione non fittizia della poesia : antica e veritiera/come una bandiera/che non riesce a sventolare/ nell’aria rarefatta del mondo trasversale (Do i numeri pag. 38) o Il verso/ incazzato/ difende/ l’ultima libertà/ solo/ il poeta resiste/ alla globale/ banalità. (Poeti pag. 29), allungando, accorciando la scansione dei versi, spezzettandola talvolta con qualche a capo di troppo. Nella convinzione che essa non sia altro che il tentativo di restituire senso oggetti, egli le conferisce nuovo bisogno di vivere.
Un libro fremente e tormentato che, oltre la tensione liberatoria, esibisce un pathos singolare, la sincerità di una percezione dolorosa in cui la tinta cupa del tramonto ed il bagliore della speranza del giorno combattono strenuamente : tutti attendono l’alba/fingendo d’ignorare la sola certezza del tramonto (Pensieri improvvisi pag. 13).

Gian Paolo Grattarola

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